Analisi dei materiali

Nella puntata precedente ho parlato delle caratteristiche di questo particolare strumento, Gibson Les Paul Standard del 1958 colore Gold con Dark back, seriale 8-2793 cosiddetta GoldenEye. Perché queste chitarre sono diventate così iconiche? Certamente per il loro suono, che è dato dalla somma di un milione di dettagli. Quindi dalla costruzione, ma anche dai materiali.

Del legno abbiamo già parlato nella puntata precedente, ovviamente questo è la parte fondamentale di ogni strumento. Sulle acustiche e sulle semiacustiche ha un’impronta determinante per il risultato finale, ma anche sulle solid body riveste un ruolo di primaria importanza.

Come detto in precedenza il manico e il corpo (a parte il top) sono costruiti in Mogano dell’Honduras, ovviamente il manico è in un pezzo unico (ad eccezione delle due alette sulla paletta) ed il corpo pure. La Gibson da diversi anni usa un Honduras Mahogany sostenibile, che proviene dalle piantagioni delle Isole Fiji, mentre l’originale che proviene dal Centro e Sud America (per essere precisi dal sud del Messico all’Amazzonia) è di fatto una specie a rischio dal 2003. Certo, il seme è la stesso ma un clima così diverso influisce sulla resa finale, soprattutto per quanto riguarda la produzione di strumenti. Ovviamente questa chitarra è fatta con quello Sudamericano, dove sicuramente la Gibson poteva scegliere le tavole migliori.

Stesso discorso per la tastiera che è in Palissandro Brasiliano o Dalbergia Nigra, molto compatta con una fibra regolare e densa. Anzi, in questo caso è considerato a rischio da molti più anni, e certamente anche lui influisce sulla resa finale.

Sono stati la scelta per la produzione di mobili di pregio per secoli, per questo motivo il consumo e la deforestazione incontrollata hanno ridotto il numero di esemplari in modo importante.

Detto questo non è impossibile oggi trovare questi due particolari legni, ma ci sono delle oggettive difficoltà. Diciamo che cercando molto bene si trova il legname da piantagione, diversamente da quello descritto sopra da deforestazione, oggi introvabile.

Ma siamo sicuri che l’offerta sia paragonabile qualitativamente a quella di allora? Personalmente credo che questi materiali necessitino di tanto tempo prima di essere disponibili per una produzione di strumenti musicali di qualità. Visti i cambiamenti climatici, l’inquinamento ed altri fattori collaterali la vedo molto dura. Ho ricevuto conferma da diversi affermati liutai ed esperti del settore, quello che li differenzia è soprattutto la compattezza delle fibre.

L’Acero del top invece proviene dal nord America, questa particolare chitarra ha il top in due pezzi non bookmatched, come praticamente quasi tutte le Gold Top, che lo possono avere anche in tre o quattro pezzi. L’acero di allora era sicuramente diverso da quello di oggi ma l’offerta è ancora ampia, quindi non abbiamo una reperibilità così difficoltosa al giorno d’oggi.

E la vernice? La nitrocellulosa di oggi è la stessa di allora? E il turapori? No, non sono le stesse perché le formulazioni di allora non rispettano più le norme attuali. Non so perché, ma le chitarre vecchie invecchiano bene, e ti danno sempre questa sensazione “setosa” al tatto. Le nuove, anche se invecchiate magistralmente, non sono esattamente così. Detto questo ci sono artigiani e liutai maestri delle finiture che raggiungono risultati eccezionali anche sul nuovo, però un occhio allenato riesce a riconoscere le finiture d’annata.

Le colle utilizzate sono la famosa hide glue o colla animale per il manico e tastiera o comunque tutte le parti che potevano necessitare di una certa manutenzione perché la colla animale garantisce un fissaggio ottimo ed è relativamente facile per eventuali manutenzioni. Impostazione questa che deriva dalla liuteria acustica. Mentre tra il top in acero e body in mogano veniva utilizzata una colla di tipologia Urea-Formaldeide, molto più resistente che dava una diversa rigidità a questo assemblaggio.

Arrivando poi all’hardware vero e proprio partiamo con il ponte, attaccacorde e capotasto. Molto importanti perché le corde vibrano sopra di essi. Se sostituiti, il suono cambierà in modo rilevante.

Come detto nella puntata precedente il capotasto delle Goldtop e quindi anche delle Burst era in Nylon. Ovviamente la Gibson era molto attenta e non usava un Nylon qualsiasi, parliamo probabilmente di miscele che oggi non si trovano più. Doveva essere performante ma doveva essere prodotto in serie. Diverse ricerche parlano della Melamina come materiale per questi capotasti, posso dire che come aspetto e durezza sono abbastanza simili all’osso, suonano in maniera differente rispetto al Nylon convenzionale, provare per credere.

Il famoso ponte Tune-O-Matic ABR-1 era di una lega chiamata Zamac, in questo caso appunto nella versione più famosa, quella no wire che troviamo anche sulle Burst. Le sellette e le viti per l’intonazione invece erano di ottone, così come erano in ottone le barre filettate che lo sostenevano (inserite direttamente dentro il legno del top) ed anche le ghiere. Il tutto finito con una nickelatura di grande qualità. Se prendiamo degli ABR-1 fine anni ’50, avranno tra loro alcune differenze sonore ma tutti avranno quella brillantezza o quel “twang” tanto difficile da riprodurre.

Le riproduzioni di oggi sono fedeli all’originale? Come aspetto siamo molto vicini, come suono ni.

Altro elemento è il blocco dell’attaccacorde che è tutto di alluminio nickelato, parliamo quindi dello Stop Tail e dei suoi due studs (quelli d’epoca hanno la parte filettata più lunga di quelli moderni) che vengono fissati al top tramite dei perni di acciaio incastrati nel legno (anche questi lunghi) e credetemi, non pesano niente. Solo di recente ho visto delle riproduzioni del giusto peso.

Quindi abbiamo la parte dove si ancorano le corde costruite in un materiale rigido e leggerissimo, una combinazione di fattori che lo rendono diversissimo ad esempio da uno stopbar in ottone.

Il fatto è che da spenta suona come un’arpa è anche per questo motivo, questa combinazione permette un sustain eccellente che si riflette in un suono molto aperto.

Pensiamo alle Les Paul Junior o alle Standard dove lo Stop Tail fa proprio da ponte, se ne avete provata una sapete di cosa sto parlando…. Armoniche a volontà!

Arriviamo poi alle plastiche, i Rings M69 che di fatto sono le cornici in plastica che sorreggono i P.A.F hanno oggi un costo assolutamente proibitivo se originali. Hanno delle caratteristiche così magiche dal punto di vista sonoro? Sicuramente possono influire, magari in maniera minore. Gli originali erano prodotti per iniezione ed il materiale usato era detto “Butyrate”, un polimero plastico ad alta densità. Gli originali si riconoscono per il loro odore caratteristico di benzina e per il fatto che reagiscono alla luce di Wood e rimangono bianchi negli anni, a differenza del Battipenna che era invece ricavato da una lastra di ABS e poi fresato (i battipenna stampati nasceranno invece solo negli anni ’70).

Questa particolare lastra di ABS era di fatto la somma di diversi strati sottili di materiale che è poi lo stesso dell’anello del selettore e della piastra per l’uscita del jack (anche questa era multistrato). Questi erano ultimi erano invece ricavati per fustellatura.

Le piastre di copertura dei potenziometri e selettore sono ricavate da una lastra fresata di materiale plastico nero, come sulle Les Paul Custom.

Questa è una caratteristica esclusiva delle Darkback come questa e successivamente anche delle Burst. Interessante menzionare che su tutte le Standard Lightback (che avevano il retro color naturale) le piastre di copertura siano invece di colore Marrone. Di fatto questo è stato l’unico colore utilizzato per tutte le Les Paul Standard (quindi anche sulle All Gold) fino all’arrivo sul mercato degli Humbucker nel 1957.

Con l’avvento dei P.A.F. la mancanza nel primo periodo dei famigerati Ring M69 color Crema obbligarono Gibson ad utilizzare tutte le parti plastiche nere e, per esigenza cromatica, diedero i natali alle cosiddette Darkback. Infatti le primissime Standard con gli Humbucker hanno questo particolare dettaglio cromatico, reso famoso da Joe Bonamassa, che personalmente trovo molto accattivante. Successivamente con le parti plastiche Crema si alterneranno Lightback e Darkback con le piastre rispettivamente Marroni e Nere come indicato in precedenza.

Le manopole sono realizzate per iniezione come i Rings M69 e sono anche loro prodotte nel famigerato “Butyrate”. Influiscono sul suono? No! Però sono bellissime e sinceramente molto difficili da riprodurre. Poi abbiamo le ultime due parti plastiche ovvero truss rod cover, composto da due strati di ABS e realizzato per fustellatura e poi successivamente fresato (gli originali si riconoscono per la loro superficie irregolarmente rigata) ed il tip del selettore, realizzato in una resina plastica detta Catalin di un caratteristico colore ambra.

Abbiamo dettagli estetici fondamentali che sono gli intarsi di celluloide, impossibili da riprodurre oggi perché la composizione di allora è assolutamente fuori legge ed il binding in una plastica color avorio denominata Royalite.

Ultimo tassello importante per l’hardware sono le meccaniche Kluson single line, che sono del giusto peso. Infatti provate a montare delle Grover che sono notoriamente pesanti… il suono cambierà! Si, perché la paletta di queste Les Paul non è troppo spessa, in più si assottiglia andando verso la punta. In questo caso il manico vibra tanto anche per questo motivo.

Credo di avere elencato tutto…. Ah no! Manca tutta la parte elettronica!

Niente, ci vediamo nella prossima puntata!!!