Lo strumento che metteremo sotto la lente in questo mese è la chitarra elettrica Fender Mustang.
Nel corso dei primi anni ’60 a seguito di una progressiva ripresa economica del dopoguerra la Factory Fender vide incrementare enormemente le richieste di strumenti ed amplificatori di ottima qualità e Leo unitamente ad i suoi collaboratori disegnarono una variante con ponte ‘tremolo’ delle già esistenti chitarre musicmaster e duosonic della serie economica ad accontentare le crescenti richieste di giovani studenti e genere femminile che necessitassero di strumenti leggeri e maneggevoli senza necessariamente dovere affrontare spese molto importanti per la serie professionale già esistente.
La qualità costruttiva di queste chitarre rimase cmq la medesima delle sorelle più importanti (Telecaster, Stratocaster, Jaguar, Jazzmaster) in quanto i materiali utilizzati per ultimarle furono i medesimi ma vennero assemblate con accessori più economici o rifiniti in plastica anzichè metallo e meno curate dal punto di vista delle verniciature e rifiniture.
Il progetto nacque alla metà del 1964 quando ancora non era avvenuta la fusione con la Cbs e le prime mustang presentavano addirittura il manico ‘slab’ abbandonato in casa Fender dal 1962 ma già dopo i primi mesi si passò alla classica produzione ‘carved’ anche per questi modelli.
La colorazione prevista in catalogo fu a tre differenti tinte: azzurro, rosso dakota e bianco quasi sempre applicate al legno sul fullerplast senza vernice di fondo bianca ed il battipenna venne previsto in celluloide madreperlata.
I potenziometri da 250K ad alberino pieno, la piastrina numerica, il condensatore, il jack e le manopoline di volume e tono erano le medesime utilizzate per il basso Jazz.
Il ponte floating tremolo fu utilizzato in seguito anche per altri modelli come la Custom e così le stesse meccaniche Kluson double-line con patent pending ma manopolina di plastica anzichè metallo che nel corso del 1966 divennero a serie ‘F’ diagonale.
I pickup avevano polarità differenti tra loro come per il basso jazz (nord e sud) a basetta grigia a poli ‘flat’ ed erano vidimati a pennarello o matita con data di produzione racchiusi in cover di plastica con la circuitazione che prevedeva le varie combinazioni tramite due switch a slitta di tre posizioni poste nella sede alta del battipenna.
La custodia quando richiesta a parte era con tolex a ‘pelle di trota’ grigia a puntini neri ed interni arancio priva di cassettino ma con un laccio di plastica che fissava lo strumento alla sede.
Nel corso del 1968 entrò in produzione una serie ‘competition’ che prevedeva anche altri colori dello stesso modello e tre strisce trasversali aggiunte nel corpo come sul cofano di una auto da competizione.
Tutti i particolari tecnici e le fotografie dettagliate sono presenti nel libro Our vintage soul vol 3 le cui info di reperibilità sono presenti sul sito: www.flaviocamorani.it
Buona visione, al prossimo strumento!
Flavio Camorani