Come è fatta

Ci sono poche possibilità (almeno in Italia) di poter analizzare da vicino Les Paul di questo periodo, soprattutto se si tratta di un esemplare completamente originale come questa.

Nella mia esperienza personale ho visto, analizzato e smontato almeno un migliaio di Stratocaster ma di Les Paul del periodo dal ‘57 al ’60, beh, tutta un’altra storia!

Goldeneye è una cosiddetta “Darkback”, quindi il top di colore Gold (una tonalità di Oro davvero bella, inimitabile) è abbinato ad una parte posteriore di color marrone scuro dovuto all’utilizzo di un turapori molto scuro (quasi nero), sicuramente una combinazione cromatica molto felice. La chitarra a parte qualche segno del tempo e ad un segno da cintura nel retro è in ottime condizioni. Il vecchio proprietario doveva tenere davvero la tracolla corta vista la posizione dell’usura sul retro, magari un Jazzista!

Tra l’altro è facilmente riconoscibile per la particolarissima ombra lasciata dal cartellino con cui veniva esposta. Questo cartellino era infilato nello Switch. Questo la dice lunga sul fatto che la Les Paul all’epoca non fu un successo commerciale come invece fu la Stratocaster.

Anche se con un prezzo assolutamente in linea rimanevano invendute per molto più tempo. Non è un caso che nel 1960 si smise di produrle in favore della SG. Poi sapete com’è, ci fu una richiesta folle verso la fine degli anni ’60 e la Les Paul ritornò prepotentemente alla ribalta.

La chitarra in questione è fatta in Mogano dell’Honduras e come tutti saprete il corpo è in un pezzo unico così come anche il manico (ad esclusione delle due piccole aggiunte sempre in mogano vicino alle meccaniche. Dettagli importanti sono il tenone lungo (cioè l’incastro del manico con il corpo), le colle di origine animale ed un assemblaggio e finitura anche delle parti non esposte estremamente curate.

Il Top è in 2 pezzi accoppiati vicino al battipenna, non nel centro, ovviamente di Acero. E’ chiaro che dovendo usare una vernice coprente il bookmatching non era necessario, quindi Top in 2 o 3 pezzi accoppiati “a caso” sono comuni. Ad esempio, la chitarra con il numero di serie successivo a questa, detta Smokey, ha il Top in 3 pezzi, curiosamente hanno anche lo stesso peso di 4,350 kg. Quindi medio peso ma corretto per il periodo, possono essere inferiori ai 4 kg come oltre i 4,7 kg.

La cosa che colpisce maggiormente è la bombatura del top che è completamente diversa, molto più bella e pronunciata rispetto alle Les Paul degli anni ’70 ed anche alle repliche, questa cosa si vede anche ad occhio, e la sua vernice Gold la fa risaltare notevolmente.

Ha una bellissima tastiera in Palissandro Brasiliano, segnatasti in celluloide con capotasto in Nylon, come anche nelle Burst.

La paletta è angolata di 17 gradi con meccaniche Kluson single line, il logo essendo una ’58 è posizionato in alto come sulle Burst (questa caratteristica cambia a fine del ’57, le Goldtop precedenti hanno il logo più in basso) e scritta Les Paul serigrafata. La paletta sul retro ha la decal del negozio in cui fu venduta ed il numero di serie in inchiostro giallo 8-2793.

I tasti sono ancora perfettamente suonabili e sono di piccole dimensioni, le Goldtop infatti hanno in origine tasti piccoli come anche buona parte delle Burst. La larghezza al capotasto è di 4,28 cm e al dodicesimo tasto è 5,23 cm. Lo spessore del manico è 2,28 cm al primo tasto e 2,56 cm al dodicesimo. Quindi parliamo di un manico bello solido, grosso ma non gigantesco. Ha una sezione particolare che nelle prime posizioni è un C con qualche accenno di V e andando avanti diventa un C bello pieno e piacevole. Il Binding è molto stondato e questo è il segreto della suonabilità di questi manici, anche con i tasti piccoli non si fa nessuna fatica perché al tatto non è tagliente. Ovviamente il raggio della tastiera è di 12’’ come su tutte le Les Paul di questo periodo (e praticamente tutte le Gibson). Interessante rilevare è che per l’effetto della spinta del truss rod sulla tastiera il raggio potrebbe ridursi in maniera evidente. Si può osservare questo fenomeno soprattutto sulle Fender d’annata, in questo caso la bombatura aggiuntiva dovuta al tempo è irrilevante.

Parlando di geometrie, questa è un esemplare molto fortunato perché molto solida. Le Gibson in genere soffrono della torsione della paletta perché sui cantini le corde tirano di più e quindi possono portare ad una torsione elicoidale del manico. Nella maggior parte dei casi questo fenomeno non influisce sulla suonabilità, sull’assetto del manico e sul funzionamento del truss rod, quindi sono effetti trascurabili. In qualche caso possono presentarsi problemi, magari risolvibili ma pur sempre di problemi si tratta. Questa no, magari un pezzo di legno molto fortunato e ben stagionato o forse perché i liutai di allora erano veramente bravi, il manico è perfetto e come detto sopra perfettamente suonabile anche con le corde settate basse. Non tocca, non frusta, i bending sono perfetti ed anche se i tasti sono piccolini sembra una chitarra moderna. Dobbiamo ricordare infatti che le scalature usate al tempo erano in media più grosse di quelle di oggi, forse sarà anche per questo motivo che ha retto molto bene il tempo, perché pensata per quel tipo di sforzo.

L’angolo con cui il manico si innesta al corpo è perfetto, anche qui grande solidità ed assemblaggio magistrale.

Per esempio le semiacustiche soffrono di assestamenti molto più importanti del manico e del top, questo comporta azioni tipo la limatura della parte inferiore del ponte per poi arrivare nel tempo anche ad interventi più radicali come il neck reset.

Invece in questo caso il ponte ha un angolo giusto rispetto allo stop tail ed al manico stesso. E’ regolato quindi alla giusta altezza, e si sente! Da spenta sembra una chitarra acustica, il sustain è infinito! Qui apro una parentesi del perché ho optato per il montaggio corde tradizionale e non “wrap around” come molti usano fare. Diciamo che l’ho potuto fare perché il ponte non è minimamente collassato, è una cosa comune data dalla pressione delle corde sullo stesso ed anche perché la chitarra monta corde 10-46, quindi una scalatura standard. Alla lunga anche loro possono dare dei problemi sia chiaro ma non sono delle 12. Probabilmente in futuro proverò anche io il wrap around, se non altro per preservare il ponte.

Avremo ancora modo di parlare ancora di questa chitarra, siamo solo all’inizio!

Roberto Gandolfi