Le origini del MiJ e l’epoca Lawsuit

Le radici del Made in Japan affondano nel dopoguerra, quando il Giappone cerca di rialzarsi dalla guerra e di far ripartire la sua celebre industria manifatturiera e artigianale. Nascono nel dopoguerra gli stabilimenti Matsumoku, Tokai, Hoshino, Fujigen e molti altri.

Il focus principale inizialmente è orientato su strumenti acustici (che resteranno sempre la quota maggioritaria della produzione) ma tra la seconda metà degli anni ’50 e l’inizio dei ’60 e l’esplosione della musica rock, blues, jazz elettrica, i giapponesi si affacciano sul mercato anche con strumenti solid body e archtop. Nascono marchi come Teisco, Del Rey, Crown, Silvertone, Matador che avranno un successo clamoroso, mettendo sul mercato milioni di esemplari spesso ispirati ai modelli americani più in voga ma dotati di caratteristiche di originalità e personalità davvero uniche. Non sempre la qualità è percepita all’altezza e l’occidente all’epoca guarda agli strumenti del Sol Levante come oggi noi guardiamo alle produzioni cinesi.

Sul finire degli anni ’60 i maggiori produttori di strumenti giapponesi si orientano sempre più spesso verso vere e proprie repliche Fender e Gibson, dapprima realizzando copie ‘non conformi’ nel senso che si tratta, almeno fino alla metà degli anni ’70, di strumenti che imitano la forma originale ma sono distanti come uso di legni e specifiche. In questa fase si distinguono particolarmente due marchi, già attivi da tempo, come Greco e Ibanez.

Ma soffermiamoci su Ibanez, che diventerà la ‘pietra dello scandalo’. La storia di questo marchio è estremamente affascinante: siamo negli anni ’60 e l’azienda Hoshino rileva un’azienda americana (Elder) e un piccolo laboratorio spagnolo poco più che artigianale, il suo nome è Ibanez. I nomi giapponesi non avevano un grande appeal nel mondo per cui Hoshino con una grande intuizione mantiene il nome Ibanez per provare a sfondare negli States.
Acquisiti i diritti di esportare e vendere in America, Ibanez parte da una posizione di perfetta sconosciuta alla conquista del west… Le chitarre Ibanez in pochi anni conquistano una fetta non indifferente di mercato, grazie alle repliche di Gibson, Fender e Rickenbaker.

Il livello qualitativo non è ancora quello eccelso raggiunto a partire dal 77-78. L’elemento determinante ovviamente è il prezzo, le chitarre giapponesi sono estremamente competitive per due fattori: il minor costo della manodopera e un cambio favorevolissimo con il dollaro (questo varrà per tutti i brand giapponesi fino almeno a buona parte degli anni ’80). In questa fase Ibanez comincia ad essere apprezzata anche da alcuni giovanissimi musicisti come Van Halen, Ace Frehley e altri.

Tutto questo non passa inosservato ai vecchi ‘dinosauri’ americani. Gibson, nel suo periodo Norlin, nel 1977 fa causa a Ibanez, è l’inizio della famigerata ‘lawsuit’ era. Le accuse ovviamente sono quelle di infrazione di copyrigt e danni conseguenti.
La richiesta è pesantissima, 6 milioni di dollari dell’epoca.
Un accordo fu trovato l’anno successivo, quando Ibanez si impegnò a interrompere la produzione di strumenti con paletta ‘open book’, sostituita di fatto già dalla fine del 1975 su molti strumenti da una paletta simil-Guild.

E sempre nel 1978 che la produzione Ibanez conosce un salto qualitativo notevole, nascono diversi strumenti originali e la magnifica serie Artist, vengono anche rilanciati alla grande strumenti come la Iceman… Ma questo è l’inizio di un’altra storia…