L’IDEA, le TESTE, le MANI

“Le chitarre in alluminio NOAH Hardshell, nascono nel 1996, dopo un lungo periodo di gestazione…” scrive in quegli anni Giovanni Melis, lasciando imprimere una traccia a quei passi percorsi con romanticismo, nella cantina di una Villa di fine Seicento della periferia milanese.

Tutto comincia nell’inverno del 1993 con l’immaginare l’incontro fra due chitarre molto amate dai chitarristi di tutto il mondo per le loro caratteristiche inconfondibili: la National style “O” e la Fender Telecaster.”

La prima National l’abbiamo vista in braccio a Blind Boy Fuller, una vecchia foto sfuocata, ma la chitarra e il suo suono ci sono rimasti impressi. Poi abbiamo visto e sentito Muddy Waters, elettrico e potente, e la sua Telecaster con la voce ruvida e piena.”

In quell’inverno Giovanni Melis e Renato Ruatti si ritrovano spesso a cena dopo il lavoro, lui proessoref di inglese, l’altro architetto. Il professore conosce la moglie dell’architetto da anni, da adolescenti, al liceo classico di una cittadina della provincia emiliana, passano il tempo libero ad ascoltare brani di Leadbelly, Woody Guthrie, Bob Dylan e provano a suonarle quelle canzoni e a capirle. Conoscono tutti i musicisti della bassa padana, quelli fra la via Emilia e il west. L’architetto viene dalle montagne del Trentino e si porta a Milano, oltre al sogno di essere architetto, l’abitudine e la passione di fare le cose con le mani. Si incuriosisce, fa domande, vuol sapere chi suona quelle chitarre, che suono hanno e perché sono tanto amate.

In quell’inverno un altro architetto socia dello studio, allora agli inizi, si sposa con Mauro Moia, concreto e poco incline a seguire i discorsi su quanto sono belle le chitarre fender ma con una invidiabile capacità di risolvere i problemi che riguardano la lavorazione dei metalli, specialmente l’alluminio; dove lavora lui ci fanno gli aerei con l’alluminio…

Così sera dopo sera, cominciano a girare fotografie, disegni, si guardano oggetti fatti di ottone, ferro, alluminio… Si parla di saldature, di pesi, di caratteristiche meccaniche. Proviamo? Proviamo. […] Ecco com’è andata.”

L’alchimia fra le persone fa scoccare una scintilla, su un’idea si riuniscono le menti e dai dialoghi si passa alla materia, e l’esperienza di ogni sapere converge su quella materia. Un atteggiamento diverso, aperto alle nuove tecnologie, si combina alla tradizione e alle mani sapienti dell’antico, mostrandone un volto nuovo, specchio dell’oggi.

Dal punto di vista tecnico, I problemi da risolvere erano svariati: mantenere allo stesso tempo il corpo di metallo e le relative possibilità sonore ed estetiche della National e una voce elettrica classica assieme a un design puro ed essenziale con un imperativo irrinunciabile, poter utilizzare sulle chitarre le parti in commercio (pick-up, ponte, manico, controlli, pick guard, etc.).

Non facile, finché dopo svariati tentativi con ottone (La National è in ottone nichelato), e altro abbiamo scoperto l’alluminio: un metallo meno “metallo” degli altri, con una fibra, una leggerezza e una sensazione tattile gradevole e meno fredda rispetto all’acciaio e simili, in altre parole l’unico materiale che non faceva rimpiangere il legno ed era abbastanza metallico da ricordare con efficacia l’aspetto e alcune caratteristiche National.

Poi la scelta del primo modello, una chitarra elettrica cava e con l’apertura a chiave di violino, per essere sicuri di rispettare sia la National che la Telecaster. Quindi lo studio della struttura, delle misure e del peso, e cioè spessori e anima della chitarra. Il corpo doveva avere lo stesso peso dello strumento in legno e doveva poter montare, senza modifiche successive, le parti di ricambio in commercio per questo tipo di strumento.

Nel ’94 il computer: la chitarra è stata disegnata con un programma CAD e successivamente, utilizzando la tecnologia CAM è stato generato un programma per la macchina fresatrice a controllo numerico. Abbiamo utilizzato una lastra in lega di alluminio a fibre longitudinali di 40 mm di spessore lavorato con centro di lavoro CNC. Questa scelta ci ha permesso di ottenere agevolmente una lavorazione su entrambe le facce senza bisogno di saldature. Inoltre, rispetto alle nostre necessità di un prodotto finale riproducibile anche con piccole varianti sia di carattere funzionale che estetico ci ha permesso di ottenere diversi modelli.

Infine, cosa non secondaria, è stato possibile esercitare un controllo della lavorazione di tipo artigianale che ci  ha  consentito,  soprattutto  in  fase  di  rifinitura,  un  approccio  da  liuteria,  aspetto  indispensabile  per ottenere strumenti musicali di livello professionale.

E finalmente il primo corpo grezzo con il piacere di poterlo rifinire a mano con la cura e la precisione che le chitarre meritano in questa fase della lavorazione, ad ogni passo la chitarra acquistava personalità e le caratteristiche dell’alluminio risultavano sempre più adatte alla realizzazione  dello strumento. Notevoli anche in fase di decorazione le possibilità offerte: sabbiatura, incisione, verniciatura.

Il prodotto finito, assemblato dal nostro liutaio di fiducia  (allora Camillo Sampaolo), ha evidenziato in positivo le caratteristiche dell’alluminio che più ci interessavano: ottima risposta alle sollecitazioni sonore, efficacissima schermatura dei pick-up ed effetto estetico di grande impatto. Finalmente finita, finalmente suona e suona proprio con la voce che ci eravamo immaginati: brillante con un buon sustain, molto sensibile al tocco e con un attacco invidiabile!”

Il risultato è una chitarra altamente affidabile e versatile, i commenti sono stati fin qui positivi e spesso entusiasti. La chitarra è stata apprezzata ugualmente da diversi tipi di musicisti, utilizzata sia nei concerti dal vivo, sia nel lavoro  di registrazione in studio: “Poi l’incontro con Marco Colombo, chitarrista della Nannini, che ha suonato la chitarra in diverse occasioni utilizzandola sia dal vivo che in studio (Cuore). Steve Piccolo, ex Lounge Lizards, l’ha usata per registrare un blues nella raccolta “This is our story” e in diversi concerti dal vivo. Il chitarrista di Cristina Donà, Pasquale De Fina l’ha portata in tour per tutta l’estate e ha poi voluto una delle “sorelle” custom che nel frattempo avevamo realizzato. Fabrizio … chitarrista dei Ritmo Tribale, ha scelto una Thinline lucida equipaggiata con Little ’59 al ponte e Hot Rail al manico. “

Come la prima chitarra, la NOAH Ammiraglia, nasce anche il primo basso: “Così è nata la NOAH Hardshell, una chitarra “meticcia” con una bella voce in eredità. Dalla stessa idea è nato il basso, abbiamo voluto uno strumento  essenziale  ma  versatile:  l’antenato  –il  mitico  Precision  ’51-  si  è  dimostrato  il  più adatto  a prendere nuova vita diventando il fratello perfetto della chitarra NOAH.”, scrive Giovanni.

Infatti, è grazie all’incontro con i due bassisti italiani Stefano Cerri e Saturnino Celani che il progetto basso giunge a compimento. Fin dall’inizio, lo scambio di saperi fra discipline diverse e il dialogo con i musicisti, hanno reso possibile un’evoluzione di questi strumenti e della loro storia, in un modo unico.

Ancora oggi, NOAH GUITARS prosegue il suo cammino, ricordando le sue origini in ogni passo in avanti. Ancora oggi, come allora, possiamo usare le parole di Giovanni per trasmettere i valori che ogni giorno portiamo avanti, verso quella forza invisibile a volte chiamata “bellezza”:

I nostri strumenti sono ricavati da un blocco di alluminio fresato senza saldature. Facciamo a mano anche il ponte e i pomelli. I nostri strumenti sono robusti, assemblati con cura dal nostro liutaio, a loro agio dal vivo, in studio sono apprezzati per la pulizia del suono e l’assenza di ronzio.

Molti musicisti suonano i nostri strumenti: “sustain da pianoforte”, “attacco brillante”, “dinamica sensibile al tocco” sono alcune delle cose che ci hanno detto. Non ci fermiamo qui, abbiamo realizzato con le stesse caratteristiche strumenti nuovi e diversi. Quest’avventura ancora ci appassiona.”

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