A meno di 10 km da Recanati, nel cuore di quel territorio marchigiano vocato fin dagli anni ’50 alla produzione di chitarre note in tutto il mondo, c’é una piccola e coraggiosa realtà artigiana dedita alla produzione di trasduttori magnetici per chitarra e basso: è la mia PKV PICKUPS.
Il retaggio culturale, la predisposizione all’imprenditoria e alla manualità ma soprattutto l’infinita passione verso il mondo della musica, mi ha spinto fin da ragazzo ad un approccio più tecnologico che musicistico nei confronti degli strumenti a corda. La registrazione del marchio e l’inaugurazione ufficiale del mio laboratorio è avvenuta nel 2012.
Dalle riparazioni di storici pickups italiani Eko Elettra, SB1, Vox che mi adattavo ad eseguire da giovane, finalmente potevo passare alla produzione di repliche vintage dei brands d’oltreoceano più noti. L’apprezzamento del pubblico e la sempre crescente domanda di modelli completamente originali per stile e prestazioni mi hanno definitivamente inserito nel creativo ed entusiasmante mondo del “custom made”. Oggi il mio laboratorio ha sede in una nuova e organizzata struttura sita in Appignano (MC). Progetto e realizzo su specifiche di importanti e rinomati maestri liutai italiani, pickups di elevata qualità dal design unico e dalle performances ben riconoscibili.
Le recenti normative europee inerenti l’abolizione di materie e sostanze ritenute dannose per l’ambiente e per l’uomo, mi spingono costantemente alla ricerca di materie prime dalla qualità certificabile e di fornitori affidabili e sensibili all’innovazione. Ogni particolare dei nostri trasduttori è realizzato su misura e con cura certosina. Le parti metalliche vengono tornite, tagliate, piegate o nichelate da artigiani locali. Le bobine custom vengono disegnate al CAD e tagliate al laser o a pantografo cnc in sede. Il filo in rame viene acquistato direttamente dal principale produttore europeo per gli smalti Poly o importato dall’Illinois per gli smalti Formvar e Plain.
Il resto è creatività, gusto e un’innata capacità di recepire le esigenze della clientela e trasformarle in oggetti reali e funzionanti nel rispetto delle aspettative.
E alla fine la migliore presentazione è sempre quella di uno strumento a corda che parlare di me…!!!”
Francesco Pellerino – PKV Pickups
INFO E CONTATTI:
WEB: www.pkvpickup.com
EMAIL: info@pkvpickups.com
“avvolgendo il filo capillare di rame in modalità “scatter”
“Facciamo pickups artigianali e li facciamo bene!”
APPROFONDIMENTO DICEMBRE 2019
PARTECIPAZIONE AL VINTAGE & GUITAR EXPO – ITALIA
APPROFONDIMENTO DICEMBRE 2019
PHIL PALMER SUONA CLAPTON: PKV REPLICA BLACKIE STRAT SET
Come già dissi tempo fa in questo spazio dedicato agli aggiornamenti, è particolarmente frequente per la mia attività di “artigiano del suono” imbattermi in qualche committente che per la propria Stratocaster Replica desidera riprodurre sonorità vicine al quelle dell’artista preferito. Trascorso da qualche settimana l’Hendrix Day, per la quale occasione avevo preparato un set di singlecoils atto a riproporre in maniera dettagliata la fondamentale diversità del sound di Jimi, si torna con i piedi per terra a realizzare un bel set Strato commissionatomi niente meno che da Phil Palmer per la demo session che terrò il 14 dicembre a Roma.
Per la verità Phil suonerà più di una chitarra e certamente porterà anche qualcuna delle sue, ma la richiesta più specifica è stata quella di una Strato che potesse riproporre la sonorità della Blackie di Clapton. Tutti possiamo immaginare quanto Palmer sia affezionato al sound di quella chitarra per aver accompagnato Eric Clapton nel corso della sua carriera. Ebbene la Blackie Strat rappresenta senza dubbio lo strumento che Clapton ha amato di più e che pertanto lo rappresenta meglio. Quindi in collaborazione con l’amico Amedeo Riccioni di Handyman Custom Guitars si raccoglie questa interessante sfida!!!
Siamo nel 1970, Eric sta attraversando un periodo di depressione che lo tiene lontano dalla scena. Acquista sei Stratocaster primi anni ’50 presso SHO-BUD di Nashville. Tre le regala: una a Stevie Winwood, una a George Harrison e una a Pete Townshend. Con le migliori parti delle restanti tre, assembla una super-Stratocaster destinata a diventare la chitarra più preziosa del mondo, dal momento che a fine carriera verrà battuta all’asta per poco meno di 1 milione di dollari. Entra in scena nel 1973 in sostituzione di Brownie (che potrebbe essere un’altra storia da raccontare…!!)
Ok… ma io devo replicare la sonorità Blackie…!!! Mi spingo ad approfondire e comincio a cercare. Lee Dickson, tecnico delle chitarre di Eric, rivela qualche interessante informazione su cui posso lavorare. Egli sostiene che quella Stratocaster fosse fra le più rumorose che avesse sentito. Questo indizio mi lascia sospettare che nell’operazione di autocannibalizzazione delle tre chitarre originarie, si siano scelti i pickups in ragione del loro livello di output.
I modelli Strato degli anni ’50 non avevano il singlecoil centrale RW/RP. Ma siamo già negli anni ’70, e nell’era CBS questo accorgimento è largamente diffuso. E se Lee Dickson avesse modificato il middle single rendendolo di fatto RW/RP? E’ un’operazione semplice: si rimagnetizzano al rovescio i rods in AlNiCo5 e si cablano i due conduttori scambiando di posto il bianco col nero. Semplice certo… tuttavia scambiando lo start con il finish della bobina, il contatto delle prime spire interne ovvero del filo di rame con i magneti, ove non risultasse perfettamente isolato, costituirebbe la principale causa di rumorosità. Se poi aggiungiamo il dubbio se Lee Dickson procedette ad un nuovo potting (paraffinatura) dei tre pickups, ecco che il set Blackie comincia a prendere forma.
In pratica esso è costituito da una triade di singlecoils anni ’50, ovvero i primissimi concepiti da Leo Fender per il suo progetto Stratocaster, con il centrale reverse. Dunque rame Formvar (probabilmente neanche troppo Heavy) con un AWG certamente 42 ma con una sezione totale abbastanza grossolana… Perfetto ho il filo giusto acquistato tempo fa in Illinois. Sapete quelle cose che riservi per le occasioni importanti? Ecco, ora l’occasione c’è…!!! Taglio e assemblo le tre bobine rigorosamente black bottom dopo aver ribavato a mano i sei magneti staggered (come impone il periodo). Isolo con Kapton i tre traferri, piazzo il primo rocchetto sul platorello e comincio ad avvolgere.
Mentre mi avvicino alle canoniche “circa 8000” spire, mi torna in mente Lee Dickson spiegare che tutti i nove pickups delle tre vecchie strato, avevano una resistenza leggermente più bassa rispetto agli standards anni ’70. Motivo per cui mi fermo a 7600 spire per il single al ponte. Attendo qualche minuto che l’avvolgimento si stabilizzi e controllo la resistenza: 5,9 KOhm!! Perfetto…!!! Procedo con middle e neck… 5,7KOhm e 5,6 KOhm. Saldo i cavetti in tessuto e cero sottovuoto per 10-15 minuti.
Lo dico sempre… l’ultimo nato è sempre il migliore!! Lo sentiremo a Roma il 14 dicembre. Fra l’altro in un’occasione davvero speciale, cioè al cospetto di Phil Palmer, il giudice più titolato che ci sia… dopo Eric Clapton ovviamente!!! L’invito ad esserci è aperto a tutti voi lettori.
Francesco Pellerino – PKV Pickups
APPROFONDIMENTO settembre 2019
Tutti al lavoro per l’Hendrix Day!
E’ proprio il caso di dirlo, dal momento che manca solo poco più di un mese alla decima edizione di questo atteso evento. Talmente riuscito che da quest’anno l’HD si svolgerà all’interno di un nuovo e ricco progetto in grado di raccogliere in un solo show, strumenti musicali, motori e buon cibo: il 1° Vintage & Guitar Expo Italia. Location magica sarà Ruote da Sogno a Reggio Emilia.
In qualità di associato a Vintage Authotity, la comunity promotrice e organizzatrice dell’evento, un pizzico di orgoglio è giustificato. Inoltre in qualità di espositore, anche un pizzico d’ansia è giustificato dalla speranza che l’offerta di contenuti sia all’altezza del pubblico più esigente.
Cosa porterò al Vintage & Guitar? Trattandosi di una manifestazione fieristica che si pone il fine di raccogliere strumenti Vintage, produzioni e prodotti Custom, Liuteria elettrica ed acustica da Collezionismo e tanto altro, va da se che non porterò una canna da pesca!! E per quanto Ruote da Sogno sia il luogo eletto per una Harley Davidson, non porterò neppure quella.
Allo stand PKV invece troverete un po’ di storia, un po’ di tecnica e tanta buona musica.
Sto infatti lavorando alla realizzazione di una demo solid body Stratoforme che possa assomigliare il più possibile ad una ’68, con il suo bel palettone. Magari bianca e magari mancina ma modificata per destri. E’ vero, si direbbe la chitarra di Jimi Hendrix allo specchio, e in realtà vorrebbe farle il verso. Infatti come ho detto in una passata recensione a proposito dell’Hendrix sound, il set di pickup e la relativa posizione sulle corde giocano un ruolo fondamentale nella sua definizione. Quindi la classica struttura Strato sarà equipaggiata con un pickup’ set replica CBS-era così come Jimi lo avrebbe suonato in Hey Joe.
Per quanto riguarda il mondo del basso elettrico, allestirò un Jazz Bass style 4 corde di fine Liuteria artigianale, con un set ultra-Vintage in AlNiCo2 e rame Formvar. Una straordinaria occasione per tornare ad ascoltare il sound Fender più originale di inizi anni ‘60.
E fin qui è storia…!!
In onore della tecnica e della tecnologia, vorrei portare con me la mia prima bobinatrice, un autentico pezzo di modernariato, una Gargaradio degli anni ’60 con motore originale Arduini da 180W a cui in oltre 10 anni ho solo sostituito le spazzole due o tre volte. Perfettamente funzionante tutt’oggi è il mio campione di produttività. Per la circostanza vorrei approfittare per portare alcune bobine di singlecoils ZAK Power preassemblate e, tempo e circostanze permettendo, avvolgerne qualcuna. Eseguirò il potting con resina alchidica spray, che consentirà un buon risultato in breve tempo, così da permettere a qualche avventore appassionato, di portare a casa un superset PKV realizzato sotto i propri occhi.
E poi musica, a cura di alcuni nostri endorser che proveranno e descriveranno gli strumenti che utilizzano per la propria professione. Sono gli utilizzatori professionisti, figure garanti della qualità della funzionalità, della convenienza. Sono dell’idea che le fiere siano il ricettacolo di innovazione, originalità e occasione. Vetrine senza fine di un negozio reale, minimamente paragonabile al miglior shopping online. Nelle fiere splende ancora il sole dell’ingegno e della passione in mezzo al buio dell’omologazione al prezzo più basso. Un’opportunità che l’artigiano deve cogliere e il pubblico degustare.
Quindi il 10 Novembre, tutti al Vintage & Guitar Expo al “Ruote da Sogno” di Reggio Emilia.
Francesco Pellerino – PKV Pickups
APPROFONDIMENTO AGOSTO 2019
LA VERA PATERNITA’ DELL’HUMBUCKER
Quando si parla di humbucker, si parla di una delle invenzioni più furbe e riuscite della storia dell’elettromagnetismo applicato agli strumenti a corde, trattandosi di un trasduttore che risolve il problema del ronzio tipico del singlecoil. Tecnicamente e in termini molto semplici, si tratta di un pickup costituito da due bobine aventi fase elettrica e fase polare opposte e collegate in serie.
Un sistema di trasduzione così fatto genera due segnali reciprocamente sfasati che, composti, determinano un segnale risultante con una forte attenuazione degli estremi di banda passante, di fatto generando un effetto “filtro” per tutte le frequenze al di sotto e al di sopra della banda tipica. Quest’ultima inoltre, beneficiando di un significativo rinforzo in ampiezza a causa della somma dei due segnali, produce come secondo effetto, un maggior livello di output, contribuendo ulteriormente alla fortuna commerciale di questo innovativo trasduttore.
Quasi tutti gli estimatori ed utilizzatori di Les Paul, oggi sarebbero pronti ad attribuire l’invenzione del pickup humbucker alla Gibson. In effetti la nota casa costruttrice di Kalamazoo risulta essere proprietaria di un brevetto (nr. 2.896.491) risalente al 1959 ad opera di Seth Lover, dipendente dell’allora Gibson Guitars Corporation e sviluppatore del progetto “humbucker”.
Per il vero Seth aveva iniziato a sperimentare fin dal 1954 e il primo humbucker montato a bordo di una chitarra risale al 1955, anno in cui fu richiesto il brevetto. A partire dal 1956 Gibson pianifica la distribuzione dei modelli di Les Paul equipaggiati con i nuovi humbucker al posto dei vetusti P-90. In attesa di brevetto i nuovi pickups venivano contrassegnati con la sigla P.A.F. (Patent Applied For). Brevetto che arrivò solo nel 1959.
Ma esiste una storia parallela riguardo la paternità del pickup humbucker, quella di un inventore di nome Joseph Raymond “Ray” Butts che ottenne il brevetto di un dispositivo analogo qualche mese prima di Seth Lover ma senza alcun successo commerciale.
Tuttavia Butts era già noto per avere inventato il primo dispositivo eco a nastro, l’EchoSonic portato alla ribalta da Scotty Moore e Chet Atkins. E proprio dalla collaborazione con il chitarrista Chet Atkins (endorser Gretsch), che la Gretsch si interessa al progetto di trasduttore “silenzioso”. Così, a partire dal 1957 l’innovativo pickup equipaggerà in maniera massiva gran parte della produzione Gretsch con la denominazione di Filter’Tone, mentre il brevetto arriverà quasi in contemporanea a quello di Lover ovvero nel 1959.
Storie come questa, attestano la vivida determinazione umana a sviluppare cose nuove. Nel caso in argomento, la motivazione che spinse sia Gibson che Gretsch ad innovare i propri prodotti nello stesso periodo storico, fu la repentina e prepotente ascesa sul mercato di prodotti molto particolari e certamente più innovativi, ad opera di quel mago commerciale che fu Leo Fender.
Francesco Pellerino – PKV Pickups
APPROFONDIMENTO LUGLIO 2019
DAI CONCETTI DI ELETTROMAGNETISMO ALLO SVIPUPPO DI PICKUPS UNICI’
In questo appuntamento, proverò a spiegare in termini semplici le dinamiche che entrano in gioco nella produzione di segnale per mezzo di un pickup magnetico. Certo ciò non cambierà la vita agli amici chitarristi, ma almeno spero che permetta loro di apprezzare lo studio esistente dietro la progettazione di un trasduttore custom, ovvero “pensato” per avere dei precisi comportamenti e non semplicemente assemblato da un kit di Aliexpress.
Trattandosi di dispositivi magnetici, va da se che il fenomeno che entra in gioco nel funzionamento di un pickup per chitarra o basso è l’elettromagnetismo. Sostanzialmente un pickup (per semplicità mi riferirò ad un singlecoil) è un dispositivo che permette di trasformare il movimento della corda metallica in impulso elettrico. Esso è costituito da una bobina (detta solenoide) formata da un certo numero di spire di filo conduttore avvolte intorno ad un nucleo magnetico. Un sistema così fatto, dispone di un campo magnetico che attraversa il solenoide. In condizioni di riposo il campo è costante e andando a misurare la differenza di potenziale ai due estremi del solenoide noteremo che esso vale zero. Qualora si vada ad eccitare il campo magnetico ovvero a variare l’intensità del campo magnetico (con un oggetto metallico come una corda in acciaio), noteremo che ai due capi del solenoide si genera una differenza di potenziale.
E’ proprio questa piccola quantità di corrente elettrica che, inviata ad un preamplificatore, verrà decodificata e convertita in segnale audio, quindi amplificata attraverso uno stadio finale ed infine riprodotta da un altoparlante.
Questo il funzionamento elettromeccanico dei pickups montati sulla nostra chitarra preferita.
Tuttavia a concorrere alla costruzione di un pickup performante secondo le richieste e le aspettative di chi lo usa, rientrano molti parametri. Poichè esso è formato da vari materiali, ognuno di essi influisce in qualche modo sui valori di Resistenza, di Induttanza e di Potenza di uscita.
Un pickup si compone fondamentalmente di 1) un supporto che costituisce il rocchetto della bobina, 2) un avvolgimento realizzato con filo conduttore smaltato, 3) uno o più magneti atti a generare il campo magnetico che attraversa la bobina.
Il supporto è costituito di materiale dielettrico ovvero avente caratteristica di non condurre elettricità, sia essa applicata che indotta elettrostaticamente. Di solito si usano rocchetti in polistirene stampati, per applicazioni humbucking standard, e flange in fibra vulcanizzata per costruire i rocchetti dei singlecoils ma anche per realizzare rocchetti dalle forme meno standard. La fibra vulcanizzata viene prodotta in fogli di vari spessori e può essere facilmente lavorata sia al laser che con fresa meccanica.
Personalmente utilizzo anche altri materiali come la fibra bachelizzata e la vetronite per le flange (materiali molto duri sia meccanicamente che dielettricamente) e il POM (resina acetalica) e il Kapton per isolare i nuclei.
Il filo conduttore è un componente che influisce in modo determinante sul “sound” finale del pickup. Esso forma l’avvolgimento il cui valore di induttanza incide direttamente sulla caratteristica di risonanza del sistema. Solitamente il conduttore è costituito da rame puro trafilato in sezioni capillari e isolato attraverso smaltatura. Sia la sezione che il tipo di resinatura incidono sul comportamento finale del pickup. Sezioni più sottili offrono valore di resistenza maggiore per unità di lunghezza.
In termini pratici un singlecoil avvolto con 8000 spire di AWG43 avrà un output più elevato rispetto a ad un altro avvolto con 8000 spire di AWG 42, ma una timbrica mediamente più spostata sulle medio/basse, dettata da un valore di induttanza maggiore e picco di risonanza più basso. Anche la smaltatura ha la sua influenza. Lo strato di lacca comporta una spessore che, per quanto esiguo, impone ai nuclei conduttori di spire adiacenti uno spazio più o meno grande in base al tipo di resina impiegata, inducendo un comportamento capacitivo più o meno spiccato.
Inoltre se la sezione finale del filo risulta maggiore a causa dell’isolante, la forma finale della bobina sarà più importante, influendo anche ciò sul valore dell’induttanza. Ad esempio la resina polivinilica presente nel filo Heavy Formvar, ha uno spessore medio più esiguo rispetto ad una moderna resina poliuretanica. Ciò comporta una disposizione dei nuclei spire più ravvicinata per l’Heavy Formvar rispetto al Polysol, una matassa più compatta e quindi valori di induttanza e comportamenti dinamici percettibilmente diversi fra i due tipi di filo. Un singlecoil strato da 6K in Heavy Formvar suonerà con grande ricchezza di armoniche, più morbido e rotondo di un equivalente in Polysol che al contrario risulterà più completo e dettagliato in gamma bassa ed alta e mediamente più graffiante. Ancora più aggressivo e scavato in mezzo un singlecoil con smalto Plain Enamel.
Infine la componente magnetica. Essa è delegata ad aumentare l’efficienza del solenoide nella produzione di corrente. Come per la Resistenza, anche la componente magnetica influirà sul valore di output, ma molto più sull’efficienza del trasduttore a “catturare” il benchè minimo particolare nel movimento della corda. A questo proposito vale la pena osservare la differenza esistente fra un singlecoil e un humbucker. Il primo è costituito da 6 magneti cilindrici (espansioni) che si affacciano ciascuno su una corda diversa. L’altro invece presenta una barra magnetica che trasferisce energia a 6 viti e a 6 slugs metallici. Nel primo caso ogni corda viene ripresa da un magnete dedicato. Nel secondo caso, la barra unendo di fatto tutte le 12 finestre di ripresa, ogni corda viene ripresa da un sistema magnetico interconnesso. Il risultato pratico ci aiuta a comprendere perchè un singlecoil risulta sempre più dinamico e definito di un humbucker. Humbucker che al contrario risulta più potente e ovviamente meno rumoroso per effetto del reciproco taglio di bande fra le due bobine.
Anche la natura del magnete influisce sul carattere finale del pickup. Per questo tipo di applicazioni si usano magneti permanenti di varia composizione. La tradizione indica l’utilizzo di leghe di Alluminio, Nichel e Cobalto (AlNiCo) o di ferrite. Di più recente impiego è invece il neodimio.
Ciascuno di questi materiali è dotato di durezza magnetica, caratteristiche di isteresi e permeabilità, che li rende riconoscibili nel loro impiego a livello pratico.
L’insieme di tutti questi fattori, costituisce l’equivalente della tavolozza di quel pittore che sta per realizzare un capolavoro. La modulazione di tutti questi parametri sulla base di esperienza o con l’ausilio di modelli matematici, permette a chi progetta di immaginare in grandi linee ciò che avverrà a lavoro finito, il comportamento del nuovo pickup e in definitiva il suo sound caratteristico…!!! Nulla è affidato al caso dove comanda Madre Natura…!!!
Francesco Pellerino – PKV Pickups
APPROFONDIMENTO GIUGNO 2019
PUBBLICITA’…ANIMA DEL COMMERCIO
Proporre argomenti mensili sempre nuovi ed originali, che possano in qualche modo non dico travolgere ma almeno interessare il lettore, e che naturalmente rimangano aderenti alla mia attività di produttore di accessori elettroacustici per basso e chitarra, confesso essere un’esperienza non semplice.
L’unica cosa è fare mente locale del mese appena trascorso e individuare un evento che abbia caratterizzato e messo alla prova il mio impegno.
Questo mese non parlerò di avvolgimenti, né di magneti in AlNiCo piuttosto che ferroceramici. Tantomeno tratterò di chitarre e chitarristi… Piuttosto mi piacerebbe appassionare chi legge, a quelle che sono le attività collaterali di una piccola impresa come la mia.
In particolare la promozione del prodotto e naturalmente del sottoscritto produttore. Questa idea è significativa del fatto che proprio in quest’ultima decina di giorni, ho iniziato a dedicare del tempo alla realizzazione dell’insieme di cose con cui il prossimo 15 settembre allestirò il mio stand al Music Wall di Pizzighettone (CR).
Promuovere la propria attività in un evento fieristico, per un imprenditore rappresenta l’occasione di poter dimostrare in poche ore ad una vasta platea di potenziali acquirenti, chi egli sia, cosa egli faccia e quanto lo faccia bene!
Dunque nell’arco di poche ore l’imprenditore da sfogo ad un concentrato di strategia di vendita che nel breve-medio termine dovrebbe fruttare ordini indispensabili al giusto sostentamento pratico dell’attività, e che nel medio-lungo termine dovrebbe contribuire a formare e consolidare un’immagine apprezzabile del brand.
Uso il condizionale “dovrebbe” poiché non sempre chi espone ad una fiera di settore ha la percezione del potenziale investimento che ha appena fatto.
Io stesso ho potuto comprenderlo solo di recente, realizzando che è paradossalmente meglio tornare a casa a tasche vuote con la lingua asciutta e la gola a pezzi, piuttosto che con l’effimera certezza di un paio di pezzi venduti.
Certo due pezzi venduti ripagano di parte delle spese sostenute, ma se si è parlato tanto con tanti potenziali clienti, il risultato lo darà in breve tempo l’impressione che quelle persone avranno ricevuto. E’ così… è sempre così…!!! Se il prodotto va, non esiste un oggettivo impedimento perché esso non si possa vendere. La differenza può farla sicuramente il modo in cui si propone.
Partendo da questa mia piccola esperienza mi sono dunque accorto che il pubblico è più curioso di quanto non voglia dare ad intendere… la sua apparente resistenza è offerta da una naturale forma di autodifesa che viene inibita in presenza di un’emozione che lo interessi e che viene definitivamente dissolta solo quando si senta al sicuro…
Dunque la formula (sebbene non sia un concetto matematico) per avere fortuna con il pubblico è l’insieme costituito da: qualità del prodotto, generazione dell’interesse e conquista della fiducia.
Sul prodotto ogni piccolo artigiano come me ci mette anima e cuore per raggiungere il massimo, e questo può bastare a titolo di garanzia di qualità. Ma generare l’interesse è tipico compito della pubblicità… e quella costa cara…!!! Motivo per cui, l’allestimento di uno stand dignitoso in un evento fieristico di buon livello può contribuire ad abbattere drasticamente costi per ottenere sostanzialmente lo stesso effetto di uno spot pubblicitario.
Uniche differenze sono il luogo in cui lo spot si consuma (che non è la TV o il social network ma una location reale) e il tempo in cui si consuma (che non è differito e replicato ma costantemente in diretta per una o due giornate).
Se il luogo è attraente e l’occasione della diretta viene ben gestita e sfruttata attraverso contenuti anch’essi attraenti come dimostrazioni, esibizioni di ospiti, live tests , open mics, ecc., se c’è del pubblico sensibile ( e il bello di queste manifestazioni è che chi paga un biglietto per accedere ad una fiera della chitarra, non può non avere un minimo di sensibilità verso l’artigiano che la realizza ) l’interesse di quel pubblico scatta.
Il potenziale cliente si soffermerà un minuto di più ad osservare, ad ascoltare, a domandare, a provare,… prenderà un biglietto da visita (anzi due, uno per se e uno per l’amico che non è venuto) e porterà via con se il ricordo di una bella domenica, trascorsa ad ascoltare il mio set Raptor J3 magari montato su un basso GroovemasterLab e magari suonato da un estemporaneo Patrick Djivas…!!!
Tutto meravigliosamente svolto presso il PKV pickups Live Stage Stand in Casamatta
Infondo è da sempre noto che “la pubblicità è l’anima del commercio”…!!!
Francesco Pellerino – PKV pickups
APPROFONDIMENTO MAGGIO 2019
PKVPICKUPS NON SOLO PER STRUMENTI TRADIZIONALI
Fra le varie occasioni di realizzare… diciamo così… qualcosa di strano e veramente originale, devo annoverarne una capitatami recentemente.
Il liutaio Umbro Giordano Ceccotti, specializzato in strumenti medievali ed egli stesso musicista, a marzo mi ha contattato per sottopormi una interessantissima collaborazione: l’elettrificazione di una Ghironda.
Ovviamente, non conoscendo l’oggetto del discutere, prima di accettare sono corso a documentarmi, e fra informazioni online e accurate spiegazioni dello stesso maestro Ceccotti, ho potuto scoprire uno strumento interessantissimo.
La Ghironda è un cordofono, fondamentalmente basato sul principio dello sfregamento delle corde, un po’ come avviene per un violino quando le sue corde vengono strofinate dall’archetto. Nel caso della ghironda l’archetto è supplito da un disco azionato manualmente da una manovella che sfrega delle corde dette cantini.
I cantini producono la melodia. Il cambio di nota viene azionato da una serie di tasti meccanici che simulano l’effetto delle dita sulla tastiera di un violino. Lo strumento è completato da due ulteriori ordini di corde: i bordoni e la trompette. I bordoni sono corde molto sottili che appoggiate al piano armonico, producono un suono continuo. La corda della trompette, invece, poggiando su un ponticello mobile detto anche «chien» (cane), produce un caratteristico suono ronzante.
Insomma il mio interessante compito ha riguardato l’elettrificazione magnetica di bordoni e trompette, ai cantini già provvedendo un sistema piezoelettrico. La prima difficoltà si è presentata nel costatare che forme e dimensioni non rientravano in alcuno standard chitarristico conosciuto. In particolare le dimensioni da miniatura, mi hanno costretto a disegnare bobine dal profilo minuscolo, e all’utilizzo di filo AWG 44.
Per i bordoni la principale necessità ha riguardato lo spessore del pickup da contenere entro i 4 mm. Infatti il trasduttore viene fissato alla tavola armonica sotto delle corde sottilissime, spaziate non più di 3 o 4 mm fra loro, ma soprattutto molto vicine al piano. La soluzione è consistita in una bobina singlcoil costituita da un nucleo magnetico in micro blocchetti di neodimio e da supporti in sottile foglia di celluloide. Avvolgimento sigillato in resina.
Per “catturare” il movimento della trompette invece si è scelta la soluzione del trasduttore tipo “corda sciolta”, ovvero un singola bobina a geometria cilindrica avvolta intorno ad un’unica espansione in ferro magnetizzato per induzione da una micropastiglia di neodimio. Il fissaggio avviene per mezzo di una vite.
Il principio che ho sempre in mente è che non esista limite alle fantasia e dunque alla possibilità di produrre un pickup strano ed originale. La sfida consiste piuttosto nel farlo suonare (o meglio ri-suonare)in maniera adeguata allo strumento che si voglia elettrificare.
Nessun segreto ma padronanza dei vincoli imposti dalle leggi fisiche dell’elettromagnetismo. Il resto è un po’ di fantasia e tanta… tanta manualità.
Francesco Pellerino – PKV pickups
APPROFONDIMENTO APRILE 2019
ELETTRIFICAZIONE MANOUCHE
Per i miei aggiornamenti mensili di VA, prendo sempre spunto dalla produzione piú interessante del momento. Questa volta vorrei parlare di una cosa particolare che sto producendo. Si tratta di un pickup da buca per chitarra acustica. Potrà sembrare off-topics in un contesto piú elettrico, ma direi invece che sia molto attinente all’aspetto vintage caratteristico di questo network.
Quando mi viene commissionato un pickup magnetico per chitarra acustica, la prima cosa che faccio é chiedere all’interlocutore il tipo di chitarra che si desidera microfonare. Il caso vuole che lo strumento in questione oggi sia una chitarra molto particolare… una manouche a buca ovale di liuteria artigianale. Bellissima occasione per accennare ad un paio di aspetti relativi a questo strumento inventato nel 1929 da un liutaio e chitarrista classico italiano di fama (e rieccoci qui, sempre noi italiani…!): Mario Maccaferri.
La prima Maccaferri viene prodotta nel 1931 dalla ditta londinese Selmer. Apparentemente simile ad una chitarra classica, presentava la caratteristica buca a D piú ampia della classica tonda.
Poiché fra tutti gli strumenti acustici dell’epoca, in assenza della piú moderna amplificazione, la chitarra classica rimaneva lo strumento con il volume piú basso, la ricerca di Maccaferri vertiva nella realizzazione di uno strumento che suonasse piú forte del comune… E vi riuscí se consideriamo che le prime Selmer suonavano con un volume circa doppio di una classica. Per giungere a questo risultato, Maccaferri usó un particolare risuonatore interno alla cassa che, inventato nel ’27, brevettó nel 1932.
Nel 1933 le strade si dividono. Maccaferri si dedica alla produzione di ance mentre Selmer procede con nuove chitarre dietro la spinta di Django Reinhardt. I vecchi modelli vengono alleggeriti del risuonatore, troppo delicato, e su specifica di Django compare la prima Manouche con buca ovale.
Da qui viene da chiedersi quale sia la differenza fra buca a D e buca ovale. La differenza riguarda solo una diversa espansione sonora. La D, piú grande, favorisce un volume di ascolto molto alto in prossimità della strumento, favorendo l’accompagnamento di gruppo. La buca ovale piú piccola, si presta a concentrare in suono in una direzione, permettendo udibilità anche da lontano, quindi meglio utilizzabile per esecuzioni soliste.
Dunque che sia D o ovale, dato il volume acustico già importante, quando si microfona una chitarra Maccaferri, si preferisce farlo con un trasduttore magnetico, in quanto non suscettibile ad innesco per autorisonanza tipico invece del sensore piezoelettrico o della capsula a membrana.
Tuttavia un trasduttore magnetico, ha il limite di una risposta in frequenza un pó piú selettiva e concentrata in un range di frequenze ridotto, che mortifica la naturalezza del suono acustico. La progettazione di un pickup per chitarra acustica, deve quindi prevedere e superare quanto piú possibile questo limite.
La scelta di PKV Pickups per acustica ricade sempre nel campo dei singlecoils. Poiché l’induttanza é funzione delle tre dimensioni della bobina, della sezione del conduttore e del suo numero di spire, per ACOU-STAR Neo (questo il nome del modello in questione) ho optato per una bobina a sviluppo verticale, avvolta con circa 6000 spire di AWG 44.
Per potersi adattare alla buca ovale molto piccola, la bobina é costruita direttamente su una lama metallica che funge da espansione, per un ingombro alla forchetta di soli 49mm. Anche la magnetizzazione influisce sull’equalizzazione finale del trasduttore. Utilizzando correttamente una precisa quantitá di neodimio e una efficiente schermatura a gabbia, si ottiene output e pulizia di segnale ottimale per catturare e riprodurre al meglio tutto il range di frequenze caratteristico di una Manouche. Provare per credere!!
Francesco Pellerino – PKV Pickups
APPROFONDIMENTO MARZO 2019
IL BASSO ELETTRICO SOLID-BODY: INVENZIONE AD EVOLUZIONE
Non posso fare a meno di notare che da qualche anno in qua, la mia attività di progettazione e produzione di pickups, si è sempre più spostata verso un pubblico di bassisti sia nostrani che esteri. Lungi da me il cercare spiegazioni o intraprendere studi di mercato volti a giustificare questa tendenza, preferisco soffermarmi ad osservare la grande rivalutazione che il basso elettrico sta riscontrando fra i musicisti in questi tempi.
Questa rivalutazione la evinco dalle tipologie di sets che mi vengono commissionati, sempre più sofisticati sia per numero di espansioni (ovvero di corde di cui sono dotati i vari bassi), che per architetture di assemblaggio. Di fatto questo strumento per note basse che in versione elettrica nasce per accompagnamento ritmico, sta assumendo una nuova identità e una originale autonomia espressiva che ne espandono le potenzialità musicali.
Il primo basso elettrico vede la luce nel 1951 ad opera di Leo Fender: è il Telecaster Bass poco dopo ribattezzato Precision. Da valido ingegnere nonché abile businessman quale era Leo, egli trasferendo i principi della solid-body Telecaster (realizzata solo un anno prima), ad un diapason più lungo dotato di corde metalliche più spesse (come nel violoncello e nel contrabbasso), ottenne una struttura solida molto maneggevole, atta a risuonare in un campo di frequenze più gravi della chitarra. Inoltre dotando la tastiera (fino ad allora liscia proprio come negli strumenti ad arco) di slots ferrati, consentì un accesso alle note più diretto, incrementando definizione e precisione di esecuzione sul pizzicato… Da qui il nome Precision.
Il primo Precision disponeva di un pickup singlecoil a quattro espansioni molto simile a quello di una Stratocaster. Ovviamente il primo approccio con il pubblico di puristi che fino ad allora avevano suonato al massimo un contrabbasso elettrificato, non fu semplice. Tuttavia con il tempo, le doti di maneggevolezza e di agile suonabilità ebbero la meglio. Il singlecoil venne rimpiazzato da un più moderno splitcoil e il Precision cominciò ad entrare in nuovi contesti musicali come pop, rock e soul. Non solo…! Anche dal punto di vista costruttivo il basso Fender subì rapide evoluzioni. Riconfigurato con due singlecoil e leggermente modificato nello shape del body e del manico, nel 1959 Fender idea il primo Jazz Bass e nel ’60 comincia a commercializzarlo.
Questa evoluzione, aumentando le possibilità sonore dello strumento, stimola sempre più il perfezionamento di vecchie tecniche esecutive o addirittura l’invenzione di nuove come il thump and popping di Larry Graham, tecnica oggi nota come slapping.
Ritengo che l’evoluzione di questo straordinario strumento non sia affatto arrivata al termine e che anzi essa sia più che in fermento. Ai tempi del funk di Graham, quattro corde bastavano… anzi forse avanzavano pure!! La tendenza attuale da parte di molti musicisti di acquistare o autoprodursi bassi pluricorde o multiscala… o entrambe le cose insieme, mi lascerebbe intuire che l’intima ricerca di innovazione espressiva e caratteriale, costituisca il vero ed unico motore di questa sana evoluzione.
Fenomeno che non riscontro con equivalente velocità nel settore della chitarra, ove quasi tutto è già esplorato. Per intenderci, un basso elettrico a sette, otto o nove corde pone difronte ad una seria sfida sia il liutaio che il “pickupparo” che il musicista. Il primo dovrà intuire e costruire una struttura idonea a sostenere tensioni maggiori e maggiormente sbilanciate evitando di incrementare a dismisura il peso dello strumento. II secondo (e sarebbe il mio caso) dovrà dare fondo ad ogni possibile conoscenza affinché il trasduttore suoni omogeneamente lungo l’intera tastiera, dalla prima corda cantina all’ultima grave. Il musicista infine, dovrà perfezionare una tecnica di esecuzione che includa tutte le corde in più.
Francesco Pellerino – PKV Pickups
APPROFONDIMENTO FEBBRAIO 2019
HENDRIX E L’UTILIZZO IMPROPRIO DEL SINGLE COIL
Il lato più affascinante della mia attività di produzione di pickups, è rappresentato da quella parte (non piccola in realtà) di clientela che fa richiesta di sets rievocazione di questo o quel musicista del presente ma anche e soprattutto del passato. Sonorità che hanno caratterizzato un momento storico del rock o del blues vengono ripescate e riproposte per stimolare ricordi e generare nuove emozioni. Mi è capitato più volte di replicare sets Santana. Molto gettonato è anche il set Gilmour. Ma anche sonorità più moderne come quella alla Govan o alla Holdsworth.
In tutti i modi il fatto di dover replicare dei sets storici, mi pone sempre di fronte alla sfida della documentazione storica. E c’è un artista che amo in particolare, per aver stravolto gli animi dei propri fans dell’epoca, e che ancora oggi detiene a mio avviso un primato nella capacità di aver creato un proprio sound… immortale!!! Sto parlando di James Marshall Hendrix… Jimi Hendrix!!
L’approccio ad una sua replica di singlecoil, rivela immediatamente una particolarità che, se potrà sembrare banale, invece lascia intuire la principale causa dell’originale sound Hendrix. Jimi era mancino. Imparò a suonare appena bambino con una chitarra destra regalatagli dal padre, che egli imbracciò al contrario dopo avergli invertito l’ordine delle corde. Un’espediente che “segnerà” per sempre la sua “diversità” sonora.
Il Jimi che ricordiamo dare alle fiamme la sua solidbody a Monterey, suonava una Stratocaster. Jimi era innamorato del “palettone” tipo ’69. Tuttavia tutti sanno che quello strumento adotta un set di pickups a poli staggerati ovvero con altezze diverse. In un singlecoil Fender destro, le espansioni in AlNiCo5 sono assemblate in modo da lasciare sporgere dalla cover maggiormente quelle del Re e del Sol (ovvero le due centrali). Quelle dei due Mi e del La rimangano a filo di cover. L’espansione del Si invece è più corta al punto di rimanere sotto il filo della cover. Questa soluzione adottata da Leo Fender, avrebbe dovuto garantire una qualche equilibratura meccanica dei volumi delle sei corde in relazione al lieve radius della tastiera. Il polo del Si supercorto, a compensare la naturale maggiore enfasi della seconda corda.
Ma ecco che ad un certo punto arriva il giovane Jimi destinato a stravolgere creativamente questo ordine semplice eppur universale. Trascurando per brevità gli effetti degli equilibri meccanici che si vengono a modificare invertendo l’ordine delle sei corde sulle meccaniche in linea di una paletta Strato standard (che pure originano un comportamento dinamico molto diverso a causa dell’inversione delle tensioni generate dalle corde sulla struttura solid), dal punto di vista elettromagnetico questo espediente ridisegna uno scenario sonoro caratterizzato da minore presenza di frequenze gravi e da una generale maggiore presenza di frequenze medie e medio-acute.
In particolare l’enfasi sul Si, che in configurazione destra veniva compensata da una minore intensità del campo magnetico, ora dirompe e domina. Un segnale così ricco di frequenze medie si presta al trattamento con overdrive e distorsori. Ma Hendrix adotta ben più di un semplice distorsore. Alla costante ricerca del suo suono, il Fuzz diventa l’elemento distintivo del suo sound. Utilizzato per intermodulazione ma anche come “ammazza medie”!!
Ma il segnale che percorre la sua catena effetti fino a saturare gli ingressi Marshall Plexi, proviene da quei singlecoils utilizzati impropriamente… Il chitarrista destro che intenda avvicinarsi al suono Hendrix, dovrà tener conto di questa particolare condizione. Avrà bisogno almeno di un set di singlecoils avvolti con rame Plain Enamel AWG 42, con poli in AlNiCo5 staggerati al contrario. Hendrix suonava con pickups Ybarra… ma chi mi conosce sa che anche in PKV si avvolge a mano e con risultati decisamente confrontabili agli originali!!!
Francesco Pellerino – PKV Pickups
APPROFONDIMENTO GENNAIO 2019
Sto avvolgendo il pickups al ponte di un replacement-set per Telecaster, mano a mano che le spire di AWG 42 si aggiungono, lo immagino già finito e suonante. Penso a questo che sarà il mio set migliore di tutti i tempi… il super set!!! E’ ciò che penso ogni volta che realizzo uno qualsiasi dei miei trasduttori magnetici. Ad un tratto squilla il telefono… è Stefano Prinzivalli di V.A. Mi propone di recensire l’approfondimento di qualcosa purchè Vintage… Guardo il platorello che sta avvolgendo quel Telecaster. Accetto…l’argomento è bello e trovato!!
La storia delle origini della chitarra solid body passa inesorabilmente attraverso il “twang” della Telecaster. Se a Adolf Rickenbacker è riconoscibile il primato di aver prodotto e applicato industrialmente nel 1931 il primo pickup magnetico, è onesto ricordare che il nostro Valentino Airoldi di Galliate (NO) fu il primo in assoluto a realizzare e documentare nel 1937 una vera chitarra solid body. La prima Telecaster (Esquire), fu presentata nel 1950 da Leo Fender, ben tredici anni più tardi, e riscosse il successo che tutti conosciamo per essere uno strumento arrivato ai nostri giorni pressochè inalterato nella forma e nei concetti.
Ebbene il concetto fondamentale alla base di quel successo è senza dubbio la semplicità. Per quanto mi riguarda, questa semplicità la evinco da questo pickup che sto avvolgendo. Una sola bobina, assemblata con due basette in fibra vulcanizzata e sei magneti permanenti cilindrici. La prima Tele nasce con un solo pickup, quello al ponte: un trasduttore non eccessivamente potente, posizionato in un punto del diapason poco favorevole alla produzione di un livello di volume elevato, piuttosto squillante e nasale. Insomma potrebbe sembrare che Leo temesse l’insorgere di inneschi per autorisonanza, fenomeno tipico delle chitarre hollwbody elettrificate. Invece aveva appena inventato e fissato nella storia anche l’anima Twang di quello strumento. Inoltre l’esperimento solid rivela subito il vantaggio di risultare insensibile al feedback. Nella versione definitiva del 1951 compare quindi anche il singlecoil al manico. Ed ecco l’oggetto perfetto!!
Questa storia mi concede di tornare al mio pickup ponte che sta per raggiungere la soglia delle 9500 spire. E’ decisamente un po’ più avvolto di un singlecoil standard. Infatti la semplicità e l’efficienza di uno strumento quale è la Telecaster, consente di sopravvolgere la bobina. In termini di suono finale, il sopravvolgimento sortisce due vantaggi: 1) aumento dell’output, 2) abbassamento del picco di risonanza.
Ovvero la chitarra avrà un suono al ponte più forte e meno brillante, così da compensare le carenze specifiche della sua posizione in diapason. L’avvolgimento è eseguito in modalità semiautomantica, con uno scatter meccanico imposto da una insostituibile bobinatrice Gargaradio degli anni ’50… ma guarda la coincidenza!! Il rame che sto utilizzando è il Plain Enamel delle produzioni Fender CBS, mentre il magneti sono in AlNiCo5 flat a sezione maggiorata a 4,95 mm. Intanto le 9500 spire sono arrivate, recido e saldo all’occhiello. In un attimo di suspance accendo il tester, connetto i puntali e leggo: Rdc 7,5KOhm. Bene, è un signor PKV Silver Hornet!!
Intanto la ceratrice sotto vuoto è pronta e butto dentro. Domani spedirò recensione e… ovviamente il set Silver Hornet migliore del mondo!!
Francesco Pellerino – PKV Pickups